Palermo, così non va. Su questo non ci sono dubbi: quattro sconfitte in sette partite, di cui due in casa, sono troppe. Anche per una neopromossa che ha subìto una rivoluzione a campionato già iniziato. Mentre si giocavano le prime gare della stagione, il Palermo passava le giornate ad accogliere i nuovi acquisti in aeroporto e salutare i reduci dalla Serie C che andavano via. Ma il tempo degli alibi è finito. C’è stata la sosta e il ritiro a Manchester, che secondo giocatori e allenatore è stato preziosissimo nella costruzione di un’identità di squadra che però stenta a manifestarsi.
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Allo stadio e sul web i tifosi sembrano molto compatti: serve l’esonero di Corini. Anzi, come si usa nell’era dei social, #coriniout. Ed è proprio qui che serve un grosso cambiamento: non sulla panchina del Palermo, ma nella cultura del tifoso. Gli esoneri facili nelle prime giornate sono infatti un malcostume tutto italiano. Cacciare un allenatore a stagione appena iniziata è il metodo più usato dai dirigenti per nascondere i propri errori e scaricare le colpe su una sola persona. Questo, con l’attuale proprietà del Palermo, non accadrà facilmente.
Un progetto che va difeso
Eugenio Corini è stata una scelta ponderata dei dirigenti rosa, che hanno impiegato quasi due settimane prima di affidare la panchina del Palermo al mister bresciano. Nel calcio di alto livello, quello a cui è abituato il City Football Group, quando si prende un allenatore si condivide anche un progetto tecnico a lungo termine, che poi va salvaguardato e difeso. L’esonero di un allenatore, nel calcio italiano, è una costosissima moda che raramente porta i risultati sperati. Nelle realtà calcistiche più avanzate, l’allontanamento di un allenatore rappresenta invece la certificazione di un fallimento che arriva quando la situazione fra guida tecnica, squadra e club non è più sostenibile. Ovviamente non è questo il caso del Palermo.
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La squadra appare confusa, slegata ed impaurita, ma è viva e il disordinato e disperato assalto finale al Sudtirol lo dimostra. Pensare che la soluzione ai problemi sia sempre e solo cacciare l’allenatore, fa parte di una cultura che non appartiene più al Palermo e che anche i tifosi rosa dovrebbero abbandonare. La sconfitta fa male, fa rabbia e rovina l’umore. Ma fa anche parte del percorso di crescita di una squadra di calcio e come tale va accettata: a patto che serva da lezione per imparare dagli errori commessi e non ripeterli. Visto che attorno al Palermo ultimamente va tanto di moda l’inglese, viene in mente un famosissimo spot pubblicitario di un po’ di anni fa in cui un’azienda informatica che ha cambiato il mondo diceva: “Think different”, ovvero “Pensa diversamente”. È proprio quello che serve.
A cura di Mario Ferrigno
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Condivido il pensiero che un’esonero immediato sia controproducente ma bisogna fissare un limite di tempo entro in cui devono esserci dei miglioramenti.Se tra 1 mese la squadra non progredisce in termini di gioco e di risultati è giusto cambiare guida tecnica.
Un’ultimo consiglio in termini comunicativi alla società, finitela ad ogni intervista a dire che l’obiettivo per i prossimi anni e consolidarsi in serie B e che non c’è fretta di andare in serie A perchè oltre che raffreda la piazza in termini d’entusiasmo e di conseguenza di presenze allo stadio crea delle scusanti a tecnico e giocatori per le brutte prestazioni in campo.