Il calcio argentino continua a regalare storie curiose ed affascinanti. Dopo l’incredibile finale di campionato, quando il titolo di Campione d’Argentina è rimasto in bilico fra Boca Juniors e Racing Avellaneda fino ai minuti di recupero dell’ultima giornata, la finale della coppa nazionale ha regalato un’altra favola. A vincere la Copa Argentina è stato infatti il Patronato, squadra al suo primo titolo nazionale, dopo 7 anni dal ritorno nella massima serie argentina. La squadra rossonera della città di Paranà ha eliminato nel suo cammino prima il River Plate ai quarti di finale, e successivamente il Boca Juniors in semifinale.
Storica prima volta
Vincendo la finale contro il Talleres, il Patronato si è guadagnato per la prima volta l’accesso ai gironi di Copa Libertadores, ovvero la massima competizione sudamericana per squadre di club. Nel frattempo, però, il club di Paranà è retrocesso nella Serie B argentina. Nel paese sudamericano, il regolamento del campionato prevede che le retrocessioni non vengano decise secondo la classifica finale del campionato, ma prendendo in considerazione la media punti degli ultimi tre campionati.
Il Patronato e la CONMEBOL
Nel 2022, la media punti peggiore delle ultime tre stagioni è stata proprio quella del Patronato, che si troverà quindi a disputare la Copa Libertadores da squadra di Serie B. Ma non è l’unico problema. Le regole della CONMEBOL, ovvero la federazione calcistica sudamericana, prevedono che i club che partecipano alla Copa Libertadores debbano avere anche la squadra femminile, di cui il Patronato al momento è sprovvisto.
Inoltre, lo stadio dove gioca il club di Paranà non rispetta i requisiti minimi di capienza previsti dalle regole della CONMEBOL. Per questo, il club rossonero sarà costretto a chiedere ospitalità ai due club della vicina città di Santa Fe, il Colon e l’Union, che nella prossima stagione non avranno impegni internazionali e che hanno stadi più capienti. Per un piccolo club della provincia argentina, sarà comunque un’avventura indimenticabile.
A cura di Mario Ferrigno
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