La lunga storia d’amore tra la famiglia Matarrese e il Bari è durata per più di un trentennio, nel quale si sono alternati gioie e dolori. Tra le dimissioni nel 2012 e il fallimento del 2018 esistono denominatori simili, velocemente insabbiati dai tifosi baresi grazie alle ottime prestazioni che hanno subito riportato la squadra pugliese in Serie B. Percorso simile se non uguale l’ha condotto il Palermo, fallito un anno più tardi e tornato alla ribalta con le stesse tempistiche (aggiungendoci magari un pizzico di epicità in più per la cavalcata play-off di questa estate). C’è stato un tempo, ancora più lontano, dove i rosanero hanno vissuto la stessa identica situazione. Era il settembre 1986, al tramonto dello scandalo Totonero, e il Palermo non esisteva più. E la famiglia Matarrese c’entrava qualcosa.
Anno 1986: il Palermo che non c’è
Il calendario segnava 8 settembre 1986: una data storica, perché il Palermo aveva cessato di esistere. Una storia decennale, con picchi di grande soddisfazione calcistica raggiunti, andata in fumo per via di diversi, ingenti, problemi economici. A ciò, si era aggiunto anche lo scandalo Totonero-bis, per il quale erano indagati diversi calciatori rosanero, che vedevano come prima fonte di reddito la possibilità di vendersi le partite più che ricevere lo stipendio dalla società. Il club fu radiato dalla FIGC, che allora aveva come presidente Antonio Matarrese.
Nella sua lunga vita sarà deputato, vice-presidente UEFA ed altre cariche importanti: per lui e la sua famiglia è indissolubile il legame con la città e con la squadra di Bari. Tra i vertici della Lega Calcio, in quelle assemblee del 1986, sembrava che nessuno volesse salvare il soldato Palermo. L’unica voce fuori dal coro fu quella del presidente del Lecce di allora, Franco Jurlano: questo avrebbe inciso sulle modalità di esclusione dal calcio professionistico di rosanero, vista la rivalità geo-calcistica tra Bari e la squadra salentina? Probabilmente no.
Matarrese e il Bari: un rapporto complicato
La carica di presidente del Bari, tra Antonio Matarrese e suo fratello Vincenzo, è stata mantenuta dalla famiglia fino al 2012. La squadra pugliese durante questo periodo è stata spesso al centro del calcio italiano, raggiungendo anche alcune gioie di carattere europeo (in chiave infrastrutture l’esempio è il San Nicola, rimodernato in occasione dei Mondiali del ’90 e stadio della finale di Champions League del 1991). Ai tifosi rosanero è però rimasta impressa questa ferita, questo laissez-faire che ha portato alla cancellazione del primo, storico, Palermo.
Stessa sorte è ritoccata sia ai siciliani che ai baresi a distanza di un anno, quasi legati da un filo rosso del destino che li ha costantemente volute come piazze libere, espressione mistica e e potente del meraviglioso meridione, ma sempre contrapposte tra loro. Entrambe si stanno rialzando, e provano a tornare grandi: il (o meglio, La) Bari è lì, nelle zone che contano, a pochi passi dagli spot promozione validi per la Serie A, il Palermo sta costruendo (con l’ausilio del CFG) per tornarci in men che non si dica. La sfida del Barbera sarà già indicativa in questo senso. In qualche modo, però, ci sbagliamo: Palermo-Bari è una grande classica del calcio di quegli anni lì, che esula da ogni concetto di classifica o punteggio. È una gara di cuore. E per questo, probabilmente, più importante.
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