Palermo – Storia di Coulibaly: dalle notti su una panchina, ai riflettori della Serie A fino alla Sicilia.
Una storia da raccontare quella del senegalese Coulibaly, una di quelle storie che lasciano il segno non solo, e ci mancherebbe, a chi la vive, ma anche a chi la legge per la prima volta e mai avrebbe potuto immaginare quali sacrifici ci celano dietro la passione per un pallone.
Mamadou Coulibaly nasce nel 1999 in Senegal da una famiglia di quelle che ti fanno dire di essere un uomo fortunato a quelle latitudini: abbastanza benestante da potersi permettere il “sogno” di, pensate un po’, addirittura far studiare i figli nel proprio Paese, di mandarli all’università, affinché restino con un lavoro dignitoso in quel Paese.
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Ma come spesso accade non sempre le attese dei genitori corrispondono ai sogni e alle aspirazioni dei figli e così, ironia della sorte, nonostante il privilegio di poter studiare nel proprio Paese, Mamadou quel Paese voleva lasciarlo, non per rinnegarlo ma per inseguire un altro sogno.
Il sogno del giovane Mamadou
L’erba verde dei prestigiosi campi di calcio europei è sempre stato il sogno di Coulibaly, che di mestiere non voleva fare l’avvocato, l’ingegnere o chissà quale altra professione sognata dai suoi cari, ma il calciatore e lo voleva fare per davvero a costo anche di enormi sacrifici.
Così per quel sogno Mamadou scappa dal Senegal all’età di soli 16 anni, attraversa il deserto e arriva fino in Marocco, dove riesce a imbarcarsi per la Spagna in uno dei tanti barconi carichi di migranti in cerca di fortuna.
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Dalla Spagna raggiunge la Francia fino a Grenoble, dove lo attende una zia per ospitarlo qualche giorno, perché il paese transalpino è solo una tappa, mentre la meta è l’Italia pallonara, il luogo dove Mamadou sogna di crescere come calciatore.
Arriva in treno a Livorno dove è ospitato da amici, ancora una tappa intermedia perché il senegalese decide di rimettersi nuovamente in treno ma questa volta per Pescara, dove però non arriva perché scende per errore a Roseto.
L’esperienza di Roseto…
Un viaggio che in realtà è una fuga non ragionata, senza a ben vedere una meta chiara che non sia un sogno nella propria mente su cui aggrapparsi strenuamente; così a Roseto si trova costretto a dormire all’addiaccio su una panchina per qualche giorno, proprio fuori dal campo sportivo comunale.
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Di nuovo l’erba verde, il sogno dietro quel cancello, ma il risveglio sono i Carabinieri che lo identificano e lo instradano verso la casa famiglia di Montepagano, dove va in ritiro precampionato con il Foresto Sparso, squadra di seconda categoria del bergamasco.
Sembrava finalmente intrapresa la strada dei suoi sogni, ma due club importanti che lo seguivano come Cesena e Sassuolo decidono di non tesserarlo, eppure anche questa volta la storia gira per il verso giusto quando tutto sembrava perduto.
Il sogno si realizza…
Coulibaly approda al Pescara che aspetta il compimento della maggiore età del senegalese e finalmente arriva il primo tesseramento in una squadra professionistica, con la quale arriverà addirittura l’esordio in serie A, con tale Zeman che di giovani promesse è un intenditore.
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Dalla panchina ai riflettori della serie A che ritrova con l’Udinese, disposta a sborsare fino a due milioni di euro per accaparrarsi le sue prestazioni, anche se l’esperienza in terra friulana ostacolata da infortuni e prestiti non si rivelerà particolarmente fortunata.
Trova nel sud e a Salerno la sua consacrazione contribuendo al ritorno in serie A della squadra granata, quel sud dove oggi ritorna dopo il deserto, le panchine di Roseto e quella Serie A che spera di riacciuffare insieme al Palermo.
David Majorca
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