Palermo: il caso Desplanches? Non esiste alcun caso Desplanches
Non è semplice sedere costantemente in panchina. A crescere in questi casi, nonostante l’intera squadra possa essere vicina dal punto di vista umano, è sicuramente la solitudine. Ma anche la mancanza di fiducia nei propri mezzi. Tutte sensazioni distruttive per un giocatore, in grado di influenzare magari un’intera carriera. “Perché il mister non mi fa scendere in campo? Ma soprattutto, perché non posso dimostrare il mio valore?”. Tutte domande corrette, tutte domande sacrosante che un qualsiasi giocatore in difficoltà si pone nel corso della propria carriera.
Il Palermo e Desplanches
Ma quando a vent’anni un club di spessore, rinato da appena cinque stagioni e pronto a costruire un progetto ambizioso negli anni decide di puntare su di te, possono realmente scalfirti? Questo bisognerebbe chiederlo allo stesso Sebastiano Desplanches. L’estremo difensore in forza al Palermo dallo scorso 17 luglio, prodotto del vivaio del Milan e talento purissimo in prospettiva non è uno sprovveduto. Quando il classe 2003 ha accettato di sposare il progetto rosanero è stato probabilmente messo al corrente di un possibile scarso o quasi nullo impiego nel corso della prima stagione magari.
Un anno importante per lui, di transizione. Per la prima volta in B, sta entrando a contatto con una realtà e una società entrambe ambiziose. Dunque il passaggio anche e soprattutto sotto l’ala di un veterano come Mirko Pigliacelli può servirgli per accrescere il proprio talento e sgrezzarsi ancora in vista di possibili stagioni da protagonista. A dimostrazione del fatto che il Palermo creda veramente nel giovane ex Trento e Lanerossi Vicenza c’è il contratto firmato che parla chiaro: un quinquennale. Un rapporto lavorativo esteso sino al giugno del 2028. Dunque fa quasi strano leggere di situazioni desolanti per i giovani calciatori della Nazionale del futuro relegati al ruolo di gregari nei propri club.
Nessuno lo mette in dubbio: l’esperienza e l’ego di un giocatore, specialmente se giovane, accrescono partita dopo partita e non da una panchina. Ma attendere il giusto momento è forse la scelta più saggia. Quando si viene gettati in fretta nella mischia c’è il rischio di essere osannati dalla stampa, resi fenomeni. O, al contrario, si può essere divorati dalla stessa stampa che dice di volere il meglio per i futuri giocatori azzurri. E gettare nel dimenticatoio dopo aver fatto toccare con le parole le stelle, è forse la forma peggiore di fiducia.
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