Ormai da qualche anno, per la precisione da 14, quando si pensa al derby Catania-Palermo il primo pensiero va a quello giocato il 2 febbraio 2007. Un derby triste, il più triste dei derby di Sicilia perché alla viglia della festa di Sant’Agata, perse la vita un servitore dello stato, il povero ispettore Filippo Raciti. Io c’ero, ero lì a Catania al seguito del Palermo ed oggi voglio raccontarvi quel maledetto derby, l’ultimo vinto dai rosanero, iniziando dalla partenza il giorno prima della gara.
Per la prima volta nella storia il derby si gioca in un giorno e in un orario anomalo. L’imminente festa della patrona di Catania lo ha infatti fatto anticipare al venerdì. Di conseguenza il Palermo sostiene il giovedì, 1 febbraio, l’ultimo allenamento al Tenente Onorato. Finita la seduta, tutti in pullman e si parte in direzione di Catania.
La tensione è alta ed ovviamente sin dalla partenza la squadra viene scortata dalle forze dell’ordine. Una scorta comunque normale almeno fino al nostro arrivo a Catania dove alloggeremo in un albergo alla Playa, sul lungomare. Alla scorta con la quale arriviamo da Palermo poco prima del capoluogo etneo, se ne aggiunge una ben più nutrita. Lungo il tragitto nessun problema. Così come durante la notte anche perché le forze dell’ordine che sorvegliano l’albergo sono in numero davvero impressionante. Mai vista una cosa del genere, neppure quando siamo andati a Tel Aviv per giocare in Coppa UEFA.
Il giorno della partita trascorre come sempre con la riunione al mattino dopo la colazione, il pranzo, un breve riposo e un veloce breefing prima di partire alla volta del Massimino. Lungo il tragitto che ci separa dallo stadio, tutto normale fino all’ultimo pezzo, quello che precede l’arrivo allo stadio. Qui infatti veniamo accolti da una muraglia umana che ci urla e lancia di tutto contro il pullman. Il clima è caldissimo e non avevamo dubbi che così sarebbe stato. Arrivati allo stadio si va immediatamente negli spogliatoi con i dirigenti che restano nell’area antistante.
Arriva l’orario di inizio ed io ed il mio collega dell’ufficio stampa usciamo dagli spogliatoi e dopo qualche metro, in uno spazio accessibile a tutti, prendiamo l’ascensore che ci porterà in tribuna stampa. Ovviamente indossiamo la divisa del Palermo ma fortunatamente, dato il clima che si respira, abbiamo anche il cappotto che invece è assolutamente anonimo. Prendiamo posto in tribuna stampa praticamente attaccati al pubblico di casa che intuisce immediatamente chi siamo ma per fortuna non accade nulla. Ben presto però l’aria si fa pesante pesantissima e l’odore acre dei fumogeni la rende irrespirabile costringendo il direttore di gara a sospendere momentaneamente la gara. A questo punto non vi nascondo che la preoccupazione inizia a prendere il sopravvento. Che fare? Restare ancora in tribuna stampa e aspettare l’evolversi degli eventi o scendere negli spogliatoi?
Opto per la seconda ipotesi e così ci rechiamo verso l’ascensore. Arrivati al piano zero all’apertura delle porte dell’ascensore ho un momento di panico. Davanti a noi infatti c’è una muraglia di facinorosi, ma per fortuna con uno scatto degno di un centometrista mi fiondo verso la porta della zona spogliatoi aprendola senza neppure dare il tempo agli inservienti di chiederci chi fossimo.
Siamo salvi, ho pensato a questo punto, e di certo io sopra non ci torno più. E così infatti non appena il direttore di gara decide di riprendere la partita entro anche io in campo e mi sistemo vicino alla panchina del Palermo. Ovviamente eravamo in qualche modo abusivi ma mai e poi mai sarei andato via di lì. La partita si conclude ed il Palermo la vince per 2-1 grazie ad un gol, quello di Di Michele, palesemente irregolare. Fuori dallo stadio ovviamente sta accadendo di tutto.
Finita la partita e le interviste di rito, saliamo sul pullman ed iniziamo ad avere la reale percezione che sia accaduto qualcosa di grave, di molto grave. Dalla tv che abbiamo sul pullman, ma soprattutto dalle telefonate che ci arrivano, iniziamo a capire esattamente quello che è accaduto. Nonostante siamo tutti pronti per andar via, ovviamente non veniamo fatti uscire dallo stadio perché nonostante la numerosissima scorta al nostro seguito avremmo certamente avuto dei problemi di non poco conto. Si attende che la situazione si calmi.
Passano diverse ore quando finalmente viene dato l’ok per abbandonare il Massimino. Ma per ragioni di sicurezza ci viene imposto un cambio di programma. Temendo possibili agguati le forze dell’ordine, infatti, optano per un cambio di itinerario. Si tornerà a casa non come sarebbe stato logico la Catania-Palermo bensì la Messina-Palermo. Si esce dallo stadio e ci si dirige quindi verso Messina e da lì si farà rientro al Tenente Onorato. Per fortuna lungo il tragitto di ritorno non accadrà nulla ed in piena notte torniamo finalmente a Palermo sani e salvi.
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