Totò…cosi, de botto?!
Ciao totò,
Ho aspettato un girono intero per scriverti perché la tua prematura scomparsa ha “sconquassato” realmente le abitudini di tutti noi…
Caro Totò, oggi qui a Roma è una fredda mattina di fine estate, nuvolosa, triste, silenziosa.
Ho deciso di alzarmi presto, prendere un caffè al volo e correre sotto lo stadio “Olimpico”, il tuo olimpico, quello delle “notti magiche” per porgerti il mio saluto, affettuoso, forte e sincero.
Non credo serva spiegarti il perché io abbia scelto l’Olimpico, vero?
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Poi sono corso a scrivere, perché funziona sempre cosi: in certi momenti sento proprio l’esigenza di correre a scrivere.
Caro Totò grazie, grazie perché i tuoi goal al mondiale, le tue esultanze, le tue corse sfrenate dietro un pallone che rotola, dietro e dentro i tuoi sogni che finalmente si avveravano c’era un intero popolo, un’intera città che finalmente si sentiva, almeno per una volta, almeno per un momento, “il centro del mondo”.
La verità, caro Totò, è che tu con i tuoi goal “mundial” hai insegnato a sognare ad un’intera generazione e perché no, ad una nazione intera.
Ci hai insegnato che bisogna insistere, correre, sgomitare, cadere, rialzarsi e poi esultare a pieni polmoni lasciando che la felicità diventi contagiosa, magica ed immortale.
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L’estate del 1990 è stata la spinta indispensabile per una città e per la sua gente troppo spesso messa da parte, dimenticata e chiusa dentro una scatola con su scritto “ lamentati e basta”.
Caro campione, dentro le tue corse dopo i goal, dentro i tuoi occhi increduli per un fallo subito, al tuo fianco durante le prime impacciate interviste, c’è sempre stato il tuo popolo, la tua gente, la tua città.
Grazie Totò, in questi giorni tutto il mondo parla di te: titoli, giornali, telegiornali, social, trasmissioni, tutti insomma; ma il ricordo più bello e toccante è senza ombra di dubbio il saluto commosso e silenzioso che ti sta regalando la tua gente, da sempre poco abituata alle file, alle attese, al silenzio. Eppure sono e siamo tutti li. A dimostrare e raccontare come si saluta un “picciotto” e come rendere immortali le corse sfrenate di un ragazzo che finalmente era riuscito a realizzare i suoi sogni e se mi permetti, anche i nostri.
Grazie Totò, cosi… “de botto” come dicono a Roma…
Gaetano Armao
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