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Palermo, non è sempre colpa della sfortuna

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Palermo, non è sempre colpa della sfortuna

La sconfitta casalinga contro la Salernitana è solo l’ultimo capitolo di una serie lunghissima di partite deludenti tra le mura amiche. Una prestazione incolore, l’ennesima, che ha lasciato i tifosi presenti al “Renzo Barbera” con l’amaro in bocca. E’ come se la squadra rosanero non volesse decollare schiacciata dal peso di limiti che sembrano insormontabili, nonostante un progetto ambizioso e una società con risorse apparentemente solide.

Il City Football Group, che controlla il club da più di due anni, ha investito una cifra intorno ai 100 milioni di euro sul progetto Palermo. Tuttavia, se i risultati commerciali e di business sembrano positivi, quelli tecnici restano lontanissimi dalle aspettative. L’obiettivo era chiaro: riportare il Palermo ai vertici del calcio italiano, ma la squadra naviga ancora in Serie B in posizioni non particolarmente nobili, e i sogni di promozione, in questo momento, sembrano destinati a rimanere tali.

Di fronte a investimenti così massicci, è inevitabile che il mirino si sposti sulla gestione dirigenziale e sulle figure scelte per guidare questo progetto in rea tecnica. In particolare, la posizione di Riccardo Bigon, figura di rilievo all’interno del gruppo inglese, è oggetto di critiche crescenti. Nonostante non abbia un ruolo ufficiale da direttore sportivo, la sua influenza sulle scelte tecniche sembra evidente da più di due anni.

La squadra appare ancora priva di identità come nelle precedenti due stagioni in B, una costante che sembra incrollabile, quasi ormai a far perdere ogni speranza che si possa vedere qualcosa di diverso. Gli acquisti estivi, puntelli costosi in diversi casi provenienti da categorie superiori, non hanno portato ancora il salto di qualità sperato, e il Palermo continua a presentarsi in campo senza un chiaro piano di gioco, imprigionato in un modulo che da tre stagioni non produce alcun risultato apprezzabile.

In tutto questo Dionisi, chiamato sul capezzale rosanero a rivitalizzare una rosa reduce da una stagione deludente, in questo momento oscilla tra l’essere considerato prigioniero di scelte imposte dall’alto o semplicemente incapace di trovare la quadratura del cerchio, anche lui in grande difficoltà nel dare alla squadra quel carattere necessario per competere in una Serie B sempre più difficile.

A questo punto, ci si chiede se si possa parlare ancora di sfortuna. Infortuni, episodi arbitrali sfavorevoli, il campo di Torretta che non ha pace e altre giustificazioni non bastano più a spiegare la costanza di problematiche sempre identiche da più di due anni. La verità è che la sfortuna non può essere l’unica spiegazione per una squadra che, nonostante investimenti e ambizioni, continua a deludere sul campo.

Se i risultati non arriveranno a breve, il rischio è che il progetto Palermo diventi l’ennesima occasione mancata per la città, uno spreco di risorse economiche e di tempo. E, in questo caso, più che la sfortuna, la responsabilità sarebbe da attribuire a una gestione tecnica che, finora, ha dimostrato più tanta confusione.

I tifosi, anche ieri presenti in massa al Barbera, sono ormai pronti a digerire l’ennesima annata anonima o di transizione che dir si voglia, certi che più che la serie A ciò che conterebbe veramente è possedere un’identità. Il Palermo ha bisogno di ritrovare una guida salda, non solo in panchina ma soprattutto nella proprietà, e di correggere gli errori commessi finora, sperimentando nuove soluzioni tattiche e lavorando bene a gennaio. Altrimenti, quel confine tra sfortuna e scelte sbagliate rischia di diventare sempre più labile, fino a sfumare del tutto.

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