Oggi vi racconteremo di un pomeriggio indimenticabile avvenuto cinquantacinque anni fa allo stadio La Favorita di Palermo. Una partita che passerà alla storia non tanto per il risultato sul campo, quanto per gli eventi scandalosi che la caratterizzarono. Preparatevi a un viaggio nel tempo, tra gesti provocatori, rigori contestati e una rivolta che sconvolse la città e il calcio italiano tutto.
Siamo nel campionato di Serie A 1968-69, è il 16 marzo. Il Napoli naviga a metà classifica con Verona e Roma, mentre in testa c’è la Fiorentina di Pesaola che alla fine vincerà il campionato. I partenopei schierano una formazione di tutto rispetto: in porta il grande Dino Zoff, in difesa il rosso Nardin e il biondo Micelli. A centrocampo troviamo Guarneri, Zurlini e Montefusco, mentre in attacco spiccano nomi come Claudio Sala, Paolo Barison, il capitano Juliano e, naturalmente, José Altafini. Il Palermo, padrone di casa, lotta per non retrocedere e ha un disperato bisogno di punti. Lo stadio La Favorita è gremito, con la tribuna coperta e il resto dell’impianto esposto al sole cocente di una Palermo primaverile, sotto l’ombra imponente del monte Pellegrino.
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Le proteste di Ferlaino, prima …
La partita inizia con il Napoli che passa in vantaggio grazie a un gol di Barison. Il Palermo non ci sta e pareggia con Gaetano Troja, robusto centravanti locale. Nell’intervallo, il presidente del Napoli Ferlaino, irruento come sempre, piomba nello spogliatoio dell’arbitro Sbardella accusandolo: ‘Lei si sta facendo arbitrare dal pubblicò. Parole che avranno un peso sul prosieguo della gara. Nel secondo tempo il Palermo passa in vantaggio ancora con Troja. È a questo punto che la partita prende una piega controversa. L’arbitro Sbardella non concede un rigore al Palermo per un presunto fallo di mano di Juliano, ma poco dopo assegna un penalty discutibile al Napoli. Sul dischetto va José Altafini. Il brasiliano non sbaglia, pareggiando i conti. Ed è qui che accade l’irreparabile: mentre Juliano lo abbraccia, Altafini fa il famigerato gesto dell’ombrello verso la curva del Palermo. Lo stadio esplode di rabbia. I tifosi palermitani sono furiosi. La situazione precipita quando Micelli segna il gol del 3-2 per il Napoli. È il caos totale: invasione di campo, scontri con la polizia, caroselli di jeep dentro e fuori lo stadio.
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Partita sospesa, succede di tutto
La partita viene sospesa. L’arbitro Sbardella deve essere prelevato con un elicottero, mentre il presidente Ferlaino fugge su un cellulare dei carabinieri, protetto da un giubbotto antiproiettile. Il risultato finale sarà 2-0 a tavolino per il Napoli, con la squalifica del campo del Palermo per due giornate. Sedici invasori vengono arrestati e trasferiti all’Ucciardone. Ma le conseguenze più clamorose devono ancora arrivare. Il gesto di Altafini scatena un putiferio legale: ben 40 querele vengono presentate contro di lui, la prima firmataria è la signora Franca Chiarenza, una giovane palermitana di 28 anni. Il caso finisce in tribunale. Il pubblico ministero Gioacchino Agnello descrive così l’accaduto: ‘Dopo aver battuto un calcio di rigore, il giocatore del Napoli Altafini, rivolgendosi a tutti i presenti, eseguì il gesto di portare la mano sinistra all’altezza dell’avambraccio destro, flettendo contemporaneamente il braccio e realizzando così un ben noto gesto sconcio che ha suonato lezione per l’onore e il decoro di tutti i presenti.
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Per gli invasori, il pubblico ministero chiede complessivamente 35 anni, 8 mesi e 20 giorni di carcere. Per Altafini, la richiesta è di 20 giorni di reclusione ‘per atti contrari alla decenza pubblica in luogo pubblicò e 10 giorni di arresto ‘per ingiurie al pubblicò. Altafini si difende dicendo: ‘È stato un gesto tipicamente brasiliano‘. Ma alla fine, come spesso accade in Italia, tutto si risolve con un nulla di fatto: le querele vengono ritirate e Altafini viene scagionato. Quella partita Palermo-Napoli del 16 marzo 1969 rimane nella storia del calcio italiano come uno degli episodi più controversi e discussi. Un pomeriggio che ci ricorda come, a volte, le emozioni del calcio possano travalicare i confini del campo e trasformarsi in veri e propri casi di cronaca.
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