Torretta Cafè, Pastore: “Zamparini pianse in tribuna, era innamorato delle mie giocate”
Questa sera debutta sul canale ufficiale YouTube del Palermo FC, Torretta Café, il nuovo talk show che promette di raccontare il mondo rosanero da un punto di vista inedito e affascinante. Condotto dalla giornalista sportiva Sarah Castellana, il programma prende vita nel cuore della Club House del Palermo CFA, un ambiente che richiama l’intimità di un Art Café e dove ogni elemento di design contribuisce a creare una cornice unica per le interviste.
Il primo ospite di questa serie è un vero e proprio simbolo della storia recente del club: Javier Pastore.
Torretta Cafè, le parole di Pastore
PALERMO CFA – Sono stato qui per l’inaugurazione, è stata una bellissima giornata. Sto vedendo crescere un Palermo diverso rispetto a quello che ho vissuto io. Oggi mi fa tanto piacere vedere un Palermo così con un centro sportivo dotato ad esempio di una sala da pranzo, una palestra ma anche di un posto come Torretta Café. Ricordo quando mi allenavo io a Boccadifalco ed era una cosa completamente diversa.
VECCHIO PALERMO – Ho rivisto vecchi compagni di squadra all’inaugurazione. È passato un po’ di tempo, di alcuni non avevo notizie. Stare insieme e ricordare i momenti vissuti è stato bellissimo. Siamo stati insieme due giorni, gli altri hanno giocato anche a calcetto ma io ancora non potevo perché mi ero appena operato all’anca. Momenti emozionanti e belli. Sono stato qui per l’inaugurazione, è stata una bellissima giornata. Sto vedendo crescere un Palermo diverso rispetto a quello che ho vissuto io. Oggi mi fa tanto piacere vedere un Palermo così con un centro sportivo dotato ad esempio di una sala da pranzo, una palestra ma anche di un posto come Torretta Café. Ricordo quando mi allenavo io a Boccadifalco ed era una cosa completamente diversa.
VECCHIO PALERMO – Ho rivisto vecchi compagni di squadra all’inaugurazione. È passato un po’ di tempo, di alcuni non avevo notizie. Stare insieme e ricordare i momenti vissuti è stato bellissimo. Siamo stati insieme due giorni, gli altri hanno giocato anche a calcetto ma io ancora non potevo perché mi ero appena operato all’anca. Momenti emozionanti e belli perché ho vissuto due anni bellissimi qui a Palermo. Ho costruito relazioni belle dentro e fuori dal campo, fa piacere aver visto molti di loro in un’altra epoca. Ormai sono sposato e sono padre, quando sono arrivato a Palermo ero un bambino. Diversi calciatori più grandi mi hanno insegnato tante cose e hanno contribuito alla mia crescita come uomo. Mi ha fatto piacere vedere Migliaccio, quando sono arrivato a Palermo mi ha aiutato tanto. Volendo o meno mi ha trasmesso tante cose. Sento Balzaretti, Migliaccio, Liverani. Con Miccoli ogni tanto scambiamo messaggi. Anche Hernandez, Santi Garcia, Munoz, Bertolo e Cavani.
PERCORSO DA CALCIATORE – Ho cominciato a pensare di avercela fatta soltanto adesso che non gioco più a calcio. Il mio percorso da calciatore l’ho vissuto normalmente, ogni cosa che mi succedeva credevo fosse normale. Arrivare a Palermo, giocare in una squadra con dei campioni o affrontare campioni di squadre come Inter, Juventus e Milan. L’ho vissuto come una normalità, come se stessi giocando con i miei amici in Argentina. Oggi mi rendo conto che ho fatto una carriera importante, ho giocato in campionati importanti. Sono stato 7 anni al Paris Saint Germain con giocatori che hanno segnato in maniera profonda il calcio mondiale. Ho condiviso momenti con loro dentro e fuori dal campo. Ho giocato bene a calcio, ho provato a fare sempre bene. È straordinario l’affetto che ricevo ancora oggi della gente quando vado a Palermo, a Parigi o a Roma (anche se lì non è andata come volevo). In tutte le squadre dove ho giocato ho costruito un bel rapporto con i tifosi, questa è la cosa più importante che oggi rimane molto di più di aver vinto una coppa o una partita.
INFANZIA – Da bambino non stavo mai fermo, volevo stare sempre in giro con i miei amici per giocare a calcio in ogni momento. Non uscivo di casa se non avevo un pallone nello zaino. A scuola mi portavo un pallone, andavo a calcio e mi portavo un pallone. Uscivo fuori a giocare nel quartiere e mi portavo un pallone. Nella mia vita ho sempre corso dietro a un pallone e mi sono divertito passando del tempo con i miei amici. Oggi ci sono molte più distrazioni, si pensa più alle cose tecnologiche come giocare alla play o al telefono. Ci sono tantissime distrazioni rispetto a prima, il nostro regalo di Natale o di compleanno era un pallone. Non c’erano altre cose. I nostri genitori si potevano permettere quello e quello ci rendeva felici. Oggi i ragazzini giocano a calcio per le due ore in cui frequentano una scuola calcio, durante la giornata non giocano più. Io andavo a scuola alle 9.00, durante la prima ricreazione giocavo 15 minuti con un pallone, durante la seconda ricreazione giocavo altri 15 minuti con un pallone. Dopo la scuola mia mamma mi portava al campo di allenamento del Talleres e lì mi allenavo altre due ore. Tornavo a casa e uscivo immediatamente fuori nel quartiere a giocare con il pallone fino che mia mamma a ora di cena mi richiamava per andare a mangiare e poi a dormire.
Torretta Cafè, le parole di Pastore
LA MAMMA – Tante volte ho detto grazie a mia mamma. Mi emoziona parlare di lei, perché lei è stata sempre con me. È rimasta in sedia a rotelle quando io avevo 4 anni e quattro anni dopo ha cominciato a uscire di casa per portarmi a calcio. Avevo bisogno di qualcuno che mi portava agli allenamenti, lei ha fatto quello sforzo anche se non era in condizione per uscire di casa. Per me si ritagliava quelle ore per portarmi all’allenamento. Questo è stato uno stimolo in più. Sapevo che lei lo faceva solo per me. Lei ha capito che il calcio era la mia vita e ha fatto tantissimi sforzi che un’altra mamma in quel momento non avrebbe potuto fare. Da quando avevo 8 anni fino ai 17 anni sono stato in questa squadra e lei mi portava ogni giorno, seguiva ogni partita anche fuori Buenos Aires. Lei stava con me, era felice quando giocavo a calcio. Era un gioco che a lei piaceva tanto, tutti avevano il piacere di complimentarsi con lei per come giocavo le partite. Ogni volta che ho giocato nel giorno del suo compleanno o per la festa della mamma ho sempre realizzato una maglietta speciale per lei. Da piccolo ho giocato una partita nel giorno del suo compleanno, ho fatto gol e ho potuto omaggiarla con una maglia con dedica per lei. Da grande al Palermo lo stesso, quel giorno lì era la festa della mamma e lei era allo stadio. Questa cosa mi ha sempre caricato un po’. Durante una partita con l’Huracan mi sono avvicinato alla tribuna e le ho dato un bacio visto che non c’era il vetro separatore. A Parigi ho fatto lo stesso dopo un gol.
L’EUROPA – Da piccolo avevo in testa che volevo giocare in Europa. Quando avevo 10 anni mi chiedevano se mi sarebbe piaciuto giocare nella prima squadra del Talleres, io rispondevo che avevo voglia di giocare in Europa. Il calcio europeo è dove noi argentini vogliamo arrivare. Il mio primo pensiero era quello di venire in Europa, era la mia fissazione. Dopo un calciatore non sa mai a che livello può arrivare, come e quando. Devono passare tantissime cose, bisogna avere fortuna o magari trovare l’allenatore giusto in quel periodo lì. Aver sempre voglia di fare uno step in avanti e di crescere umanamente e professionalmente.
ARRIVO NEL PALERMO – Il giorno che sono arrivato ho subito giocato un’amichevole contro una squadra austriaca. Una volta sceso dalla macchina con Sabatini e il mio procuratore si è avvicinato Zamparini che mi ha proposto di giocare la partita dopo aver fatto un viaggio di 14 ore da Buenos Aires a Milano. Non avevo neanche le scarpe, il Presidente allora mi ha accompagnato in un centro commerciale lì vicino. Mi ha detto prendi tutto quello che vuoi, ho preso un paio di scarpe da calcio, i parastinchi e basta. Questo andava bene. Una volta tornati alla partita il magazziniere Pasquale mi ha dato il materiale per giocare. Zamparini ha detto al mister che sarei dovuto entrare nel secondo tempo. Il mister non capiva perché dopo un viaggio così lungo sarei dovuto subito scendere in campo. Ho giocato una ventina di minuti e ho subito fatto un sombrero. Ho fatto un tunnel, poi un passaggio lungo a Miccoli che ha fermato la palla di petto e fatto gol. Non so se era la voglia di dimostrare. Zamparini si mise a piangere in tribuna, era innamorato delle mie giocate. Me lo hanno raccontato persone che stavano lì come il mio procuratore.
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