E’ il pensiero che attanaglia i primi vaccinati italiani, gli operatori della sanità, delle strutture sanitarie e gli anziani over 80. Forse oggi più di ieri alla luce delle recenti notizie sulla mutazione del virus e sulla nuova variante che arriva dall’Inghilterra.
I fantasmi di coloro che saranno i primi in Italia a ricevere il vaccino anti-Covid che dovrebbe consentire all’umanità di poter sconfiggere, seppur dopo tanto tempo, il virus che ha messo in ginocchio l’umanità intera.
Un vaccino su cui si è lavorato in fretta e che dunque non ha avuto tutti i tempi previsti per la sperimentazione tradizionale. Un vaccino autorizzato in breve tempo proprio perché siamo in una situazione di crisi e di emergenza. Tutto ristretto in pochi mesi sebbene gli studiosi affermano che ci stavano studiano da tempo, visto che il coronavirus era atteso e conosciuto.
Il dubbio
Ma il dubbio attanaglia i pensieri dei primi vaccinati: fidarsi o non fidarsi. Sentirsi dei privilegiati ad essere i primi italiani a vaccinarsi oppure, anche inconsciamente, vivere una sensazione quasi da cavia, da soggetto di sperimentazione? Insomma, i primi vaccinati non sanno se ridere o piangere sospesi fra la gioia di potersi sentire protetti (ancora non è chiaro per quanto) e la paura di andare incontro ad effetti collaterali o reazioni di varia natura.
In linea di massima dovrebbero ridere perché avranno il privilegio di mettersi una barriera contro il virus e sebbene non dovranno abbandonare precauzioni ed attenzioni, potranno rilassarsi un po’ di più. Anche se si infetteranno, la loro patologia sarà sicuramente più blanda. Ed allora da dove arriva la preoccupazione? Come tutte le cose della vita, le novità creano sempre un senso di ansiosa attesa, il nuovo spaventa. Sarebbe più tranquillizzante vaccinarsi dopo qualche mese di esperienza sugli altri. Ma tant’è. Stringiamo i denti e incrociamo le dita… fiduciosi.
(Lettera firmata)
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