L’inchiesta sui dati Covid in Sicilia che da qualche ora sta lasciando sbalordite larghe frange della popolazione rappresenta, sotto certi aspetti, la scoperta dell’acqua calda.
Una premessa prima di proseguire è tanto scontata quanto doverosa: tutti sono innocenti, fino a prova contraria. Su tale presunzione di innocenza vogliamo basare ciò che c’è da dire, pur non trascurando le enormi contraddizioni che emergono dalle intercettazioni rese pubbliche fin dalla giornata di ieri.
Stavamo parlando della scoperta dell’acqua calda. Sia ben chiaro: chi scrive è rimasto abbastanza sdegnato dall’indagine sulla sanità in Sicilia. Ma dopo aver passato qualche ora ed aver digerito meglio la notizia, sono iniziati ad emergere numerosi punti di domanda. Tra questi uno è stato maggiormente pervasivo rispetto agli altri: ma in fondo cosa c’è di nuovo in questa inchiesta?
LA NOVITÀ
La novità probabilmente consiste nei protagonisti della vicenda, nella situazione pandemica mondiale, nella situazione emergenziali di alcune strutture ospedaliere. Ma tolte queste situazioni circostanziali, in fondo la novità non esiste.
Non esiste alcuna novità sull’indagine dei dati Covid in Sicilia perché quanto emerso dalle intercettazioni altro non evidenzia una vecchia, triste, ma mai come ora usuale pratica: l’invincibile necessità del profitto privato, l’incapacità – non sempre dovuta all’incapacità dei singoli ma ad un’incapacità sistemica – di trovare soluzioni adeguate alla salute pubblica delle persone più umili, che non possono permettersi cure di prima qualità in cliniche private e lussuose.
La pratica, ormai collaudata, di sacrificare gli interessi collettivi davanti all’esigenza dei pochi per non smettere di produrre. Una vecchia canzone della band guidata da Giovanni Lindo Ferretti recitava un motto che mai come in questi mesi è attuale: “Produci, consuma, crepa”. Ed è questo ciò che c’è scritto tra le righe di quelle intercettazioni. Poco conta, insomma, se migliaia di persone hanno perso la vita, e poco conta se in fabbrica scoppia il focolaio: ciò che conta per loro, per coloro che abbiamo eletto e continueremo ad eleggere, è soltanto tutelare l’interesse di chi non ha nulla da perdere, ma tutto da guadagnare.
NESSUNA RAZZA
Ciò che risulta ancora più sbalorditivo, però, sono gli appelli politici di chi rimprovera i cittadini se nel fine settimana decidono di prendersi qualche ora libera in centro. Questi tentativi di scaricare la colpa sulle azioni individuali, e non su mancanze sistematiche relative alla sanità pubblica e alla tutela dei lavoratori, rientrano all’interno dello spettacolo misero, ormai impoverito, della politica italiana.
In tal senso appaiono curiose agli occhi di chi scrive le dichiarazioni di Nello Musumeci, interpellato nella giornata di oggi in merito alla vicenda appena emersa. Il presidente della Regione Sicilia ha – in maniera puramente formale, sia chiaro – dichiarato: “Bisogna avere rispetto per la magistratura, ho fiducia nell’assessore Ruggero Razza”. Ancora una volta, forse per un vizio personale, è sorta nella testa una canzone che recita pressappoco così: “Nessuna Razza, io non sostengo nessuna Razza, Vostra altezza. Zero sassi contro i lapidati della piazza, sul labbro soltanto un po’ d’amarezza per chi m’ha giudicato con asprezza.”
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