Al triplice fischio di Palermo-Vibonese (0-0), mi sono ritrovato seriamente combattuto nel dover scegliere l’aspetto migliore di un pomeriggio ‘’estivo’’ trascorso al Renzo Barbera: la canzone di Madonna ‘’Hung up’’ – inserita tra il primo e il secondo tempo – che mi riportava proustianamente a quando da piccolo ero solito ascoltarla in palcoscenici in cui il Palermo sfidava le grandi e l’adrenalina di un bimbo che va allo stadio non lasciava spazio ai tormenti oppure la splendida giornata di sole che anticipa un’estate in cui non sappiamo chi saremo, cosa saremo. Noi, ma anche il Palermo.
Poche volte come in questa occasione noi operatori dell’informazione e i tifosi hanno difficoltà a parlare del Palermo: di questo Palermo. Migliaia di righe scritte sul fatto che in tempi sospetti bisognava riflettere, lavorare. Tutto ormai anacronistico, apatico, inutile. Un campionato che da semi appetibile si è trasformato in una lenta agonia cui non si vede l’ora di porre fine. Non sapere a che ora e contro chi gioca la propria squadra è un sintomo molto grave. Un po’ come quando in una relazione ci si scorda il giorno dell’anniversario, non ci si accorge che la propria compagna ha cambiato capelli, occhiali. Un amore che forse è cambiato.
L’INQUIETUDINE
‘’Esiste una stanchezza – scriveva Pessoa nel suo libro dell’inquietudine – dell’intelligenza astratta ed è la più terribile delle stanchezze. Non è pesante come la stanchezza del corpo, e non è inquieta come la stanchezza dell’emozione. È un peso della consapevolezza del mondo, una impossibilità di respirare con l’anima.
Allora, tutte le idee che hanno fatto pulsare la nostra vita, i progetti, le ambizioni su cui abbiamo fondato la speranza del futuro, si strappano come se il vento le investisse, si aprono come se fossero nuvole, si dileguano come ceneri di nebbia, stracci di ciò che non fu e che non potrebbe essere stato.’’
Un campionato che ha continuamente e ripetutamente disatteso ogni aspettativa. Come quando a un bimbo fai finta di dargli un bel gelato, e poi lo ritiri indietro. La speranza si è rivelata timore e il timore adesso è impassibilità, realizzazione dei fatti. Vien da sorridere quando in ballo viene messo anche il problema degli stadi vuoti, che possono aver influito negativamente. Ma menomale che sono vuoti, le reazioni da mesi a questa parte sarebbero state più volte quelle di chi – dopo aver attraversato la fase dell’illusione – abbandona uno spettacolo che spettacolo non è. E, ormai, non sarà.
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Finchè il raccomandato squattrinato ed i suoi scagnozzi reggeranno le redini della società il Palermo non uscirà dalla SERIE C