Palermo – La sentenza di Catania, che conseguenze avrà sull’approccio?
Ubriachi delle vicende relative agli ultimi giorni, letto il titolo, immediatamente il pensiero va alla sentenza di rigetto o ai comunicati vari ed alle ripercussioni sulla cessione societaria. E invece no, per sentenza di Catania intendiamo la batosta rimediata al Massimino; è la sentenza di Moro che ha incrinato il leggermente nascente entusiasmo del tifoso rosanero. Catania leva e Catania da. Leva punti e certezze, da speranze e soddisfazione alla società. Ma guardiamo solo il campo anche perché l’eventuale nuova proprietà, un’occhiatina distratta la darà anche alla classifica per capire e decidere se vale la pena investire da subito. Perché Palermo-Bari è gara da dentro o fuori, diciamolo senza giri di parole. Riavvolgiamo il nastro e ripartiamo da quello spiacevole pomeriggio del derby.
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Taranto, Turris, Picerno e Catania. C’è un filo comune. Una sola ragione presa in prestito per spiegare le sconfitte, tutte meritate e senza appelli: l’approccio alla gara.
Per ognuna di queste sconfitte il tecnico Filippi ha imputato ad un errato approccio alla partita il motivo della sconfitta e della prestazione opaca. Dunque sembra solo questo il problema che affligge in trasferta il Palermo e che lo ha penalizzato nelle 4 sconfitte rimediate lontano dal Barbera: il maledetto approccio, come si leggeva sul Giornale di Sicilia, lunedì scorso. Perché se non fosse per questo maledetto approccio tutto andrebbe bene, il Palermo giocherebbe meglio, avrebbe tanti schemi ed idee di gioco e avrebbe anche tanti punti in più. Poi però si mette in mezzo questo maledetto approccio e salta il banco.
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Ora, senza voler fare della facile ironia, soffermiamoci sulle responsabilità e sulle soluzioni all’approccio gara sbagliato dei rosanero. Filippi lo chiama in causa ogni qual volta deve spiegare un insuccesso. Qualcuno però potrebbe obiettare che il principale responsabile di come la squadra scenda in campo dal punto di vista psicologico, è proprio il tecnico. E’ l’allenatore che prepara la partita, sia tatticamente che anche dal punto di vista nervoso e di approccio. Dunque quando parla di approccio errato è come se facesse autogol.
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Oppure è vera un’altra cosa e cioè che il tecnico da il meglio di se stesso, prepara splendidamente le gare dal punto di vista della tensione agonistica ma di fronte si trova un muro, un pilastro di cemento armato assolutamente non ricettivo. Giocatori che fanno difficoltà ad entrare nel personaggio, che mostrano evidenti problemi di personalità. E qui il problema diventa più complesso perché se nel primo caso basta cambiare tecnico, nel secondo l’unica strada è affidarsi ad uno psicologo dello sport… Male che vada ne potrebbero beneficiare i tifosi … che stanno letteralmente impazzendo fra gli alti e bassi della squadra e che ancora non hanno risolto se questa sia carne o pesce.
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Squadra senza qualità a centrocampo. Senza classico regista dai piedi buoni e fosforo. Franco della turris ad esempio. In più con un mister improvvisato figlio della povertà societaria. Tutto qui.
Sicuramente la rosa non è all’altezza di quelle del Bari,Catanzaro,Avellino , ma un vero tecnico saprebbe sopperire con idee e schemi di gioco invece no ci ritroviamo uno pseudo allenatore senza nessuna dote che è stato messo li solo per risparmiare i soldi di un secondo allenatore su libro paga.
A mio parere i motivi “dell’approccio sbagliato” alle partite, sono da ricercarsi in entrambi i motivi esposti nel suo scritto. Ritengo, con tutto il rispetto possibile per la persona, che il sig. Filippi non sia adatto a allenare una squadra che mira alla promozione. L’altro capitolo sono i giocatori non adatti alla lotta partita per partita. Ho visto che tutte le altre squadre hanno una velocità e un agonismo superiore del palermo e schemi di gioco validi. Quindi la preparazione atletica è insufficiente e i giocatori sono distratti da altri motivi, quali la situazione contrattuale, a giugno ben nove giocatori sono in scadenza e, diciamolo chiaramente, la qualità di alcuni di loro lascia a desiderare.