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Marco Serra in lacrime dopo Milan-Spezia. Se questo è un uomo…

marco serra

Marco Serra nel corso della partita di campionato tra Milan e Spezia si è reso protagonista di un episodio a dir poco discusso. L’arbitro ha infatti fischiato un calcio di punizione ai rossoneri al limite dall’area di rigore dei bianconeri, senza concedere il vantaggio in seguito al quale i Diavoli avevano segnato in pieno recupero del secondo tempo la rete del probabile definitivo vantaggio. Qualche istante dopo, lo Spezia ha ribaltato il fronte e segnato la rete del conclusivo 1-2.

Le lacrime di Marco Serra

In seguito alla partita, stando a quanto riportato dal Corriere dello Sport, l’arbitro è stato trovato in lacrime negli spogliatoi per l’errore commesso. Partiamo da questo episodio per riflettere sulla ferocia sportiva e umana di cui è soggetto fin troppo spesso lo sport da parte di calciatori, tifosi e commentatori.

L’arbitro in campo è un uomo solo. L’unico presente sul rettangolo verde che non ha un sopporto o un sostegno sportivo nel corso dei novanta minuti di partita. Mai nessuno applaudirà le sue scelte se non in termini sarcastici, così come nessuno riconoscerà mai la precisione di un intervento arbitrale difficile da prendere. Tutti, però, saranno pronti a sostenere l’errore commesso dal direttore di gara. A prescindere da quanto questo sia palese o discutibile, l’arbitro sarà sempre e comunque al centro dell’attenzione mediatica non per i suoi meriti, bensì per i propri demeriti o presunti tali.

Se questo è un uomo…

Il calcio, si sa bene, è principalmente passione e calore. La macchina finanziaria che sorregge questo sport si nutre dell’amore agonistico di milioni di tifosi sparsi in tutto il mondo, che sono pronti a sostenere la propria squadra del cuore talvolta più nel bene che nel male. E se gli stessi tifosi sono pronti a distruggere sportivamente ed emotivamente un proprio calciatore dopo una giocata sbagliata, possiamo ben immaginare cosa accade se l’errore deriva da un arbitro che, per definizione, è neutrale in campo e non gode a priori della simpatia di nessun tifoso.

Così, dopo il brutto errore di Marco Serra, la gogna mediatica è arrivata precisa e puntuale senza tardare nemmeno di un minuto. Minacce, insulti e brutte parole sono stati il trattamento rivolto al direttore di gara dagli spalti e sui social, tanto da indurre l’uomo, e non più l’arbitro, ad un pianto probabilmente denso di frustrazione e tristezza a fine partita.

La psicologia sportiva

Un pianto che ci ricorda quando dietro ad ogni divisa ci sia sempre un uomo, che per quanto bravo e preparato teoricamente e tecnicamente sia prima di tutto un essere umano con le proprie fragilità, la propria sensibilità e i propri sentimenti. La psicologia sportiva ormai da anni tende a mettere l’accento sulle pressioni subite da sportivi ad alti livelli, che spesso diventano talmente eccessive da interrompere o smorzare la carriera pure del più promettente tra gli sportivi. Le gambe che tremano, la voce che non esce fuori dalla gola, la vista che si appanna e un unico desiderio: quello di sparire per non essere più visto da nessuno, perché la pressione diventa eccessiva per un uomo che, per quanto ami ciò che sta facendo, viene sovrastato da aspettative, giudizi e responsabilità che nessuno dovrebbe sopportare.

La psicologia sportiva in tal senso deve subentrare nel dibattito calcistico – e non solo – odierno per riaffermare con sempre maggiore decisione quanto sia necessario preoccuparsi non solo delle prestazioni tecniche degli atleti che scendono in campo, bensì anche delle prestazioni mentali, che molto spesso sono la chiave per il successo sportivo. Un arbitro sereno e in grado di prendere la decisione giusta al momento giusto, è un direttore di gara che riduce il proprio margine di errore e che, soprattutto, si diverte. Perché quando questo mestiere diventa stress e non più gioia, allora non stiamo più parlando di sport. Ma di vera e propria tortura psicologica.

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