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Il problema della Nazionale Italiana è la Serie C

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La Nazionale Italiana non partecipa ad un Mondiale dal lontano 2014, e il problema sta in Serie C. Una dichiarazione apparentemente paradossale, ma che va contestualizzata all’interno di una riforma calcistica oggi più che mai necessaria.

Urge un’analisi diversa in merito all’eliminazione dell’Italia da parte della Macedonia dai playoff per la qualificazione a Qatar 2022. In molti parlano, giustamente, di strutture di squadre di Serie A e della mancata opportunità concessa ai giovani. Questi, però, spesso dimenticano che un palazzo va costruito dalle fondamenta e non dal tetto.

Palermo non può essere utile una sola notte. Come disse Maradona….

La Nazionale Italiana e la Serie C

Le condizioni della terza serie “professionistica” italiana sono imbarazzanti.

Le virgolette alla parola “professionistica” non sono casuali. In Lega Pro, infatti, sono veramente poche le squadre che hanno gli standard economici e tecnici per potersi definire società professioniste. Per farvi un esempio. Quotidianamente si assiste a variazioni di orario delle partite in programma per permettere alla squadra in trasferta di ripartire prima che faccia buio, al fine di evitare il pernottamento esterno e risparmiare sui costi.

La quasi totale assenza di strutture d’allenamento di proprietà in Lega Pro impediscono uno sviluppo tecnico per diverse società. Per esempio, il Monterosi (presente nel Girone C) per arrotondare mette a disposizione a pagamento il proprio campo di gioco per partite private tra amici nel corso della settimana. Allo stesso modo, prima di pensare alla costruzione di stati di proprietà nella massima serie italiana, ritengo che sia necessario un piano strutturale sportivo per permettere a quasi tutte le squadre di Serie C la costruzione di uno stadio di proprietà in tempi celeri.

Risultano comprensibili le difficoltà in grandi centri cittadini come Bari, Palermo, Modena e Padova per sviluppo urbano delle città e burocrazia impietosa. Lo risulta meno la mancanza di strutture di proprietà per piccoli centri di provincia.

Questi, infatti, oltre ad aumentare i ricavi, permetterebbero una più sana programmazione per i club. Questi potrebbero in tal modo investire maggiori liquidi nella scoperta e formazione dei propri giovani, invece di pescare annualmente dalla Serie A giovani usciti dalla Primavera che, per quanto talentuosi, non aumentano il patrimonio sportivo del club in cui risiedono temporaneamente.

I giovani talenti per la Nazionale Italiana sprecati in Serie C

I giovani della Primavera mandati in prestito in Serie C. Altro capitolo scottante. Questi vengono spesso catapultati in un contesto di professionismo difficile da interpretare persino per certi giocatori navigati di Serie B, in cui il loro talento viene spesso sacrificato in nome di una rigidità tattica degli allenatori che talvolta risulta comprensibile al fine di raggiungere i vari obiettivi stagionali (pena: esonero).

A questo punto sorge naturale chiedersi: è stata davvero utile l’istituzione delle squadre U23 in Serie C? In questi anni l’unica formazione in grado di iscrivere regolarmente la propria formazione giovanile in Lega Pro è stata la Juventus. Tra l’altro con risultati che, finora, non pare che stiano dando del tutto i propri frutti alla prima squadra.

I giovani di talento non hanno bisogno di fare gavetta in Serie C (campionato che richiede, è giusto ribadirlo, una certa rigidità tattica e presenta spesso alte condizioni di ingiocabilità dei campi). I giovani talentuosi che escono dalla Primavera devono giocare in Prima Squadra in Serie A, nelle coppe continentali.

Urge una riduzione delle squadre professioniste

La Serie C presenta al momento 60 squadre “professioniste”. Una caratteristica italiana di cui nessuno sente il bisogno. Il cuscinetto del semi-professionismo può essere utile solo e soltanto come condizione temporanea in vista di una netta riduzione delle squadre professionistiche di terza serie a 20 club. Al di sotto di questo livello dovrebbe esserci, infine, solo il dilettantismo.

In questo modo possono essere ridotte le dilazioni dei ricavi per sponsor di Lega, diritti TV (davvero irrilevanti in Serie C). Aumentano le spese per le trasferte (allungando il percorso e abolendo la presenza dei tre gironi territoriali). Ma in un contesto di generale aumento dei ricavi per la presenza di strutture di proprietà, l’alzarsi delle spese per le trasferte potrebbe risultare irrilevante.

Riassumiamo dunque le proposte per un rinnovamento del calcio italiano dal basso.

Riduzione delle squadre di Serie C a 20 club.  Conseguente creazione di una lega semi-professionistica temporanea (non più di 5 anni) al fine di un passaggio definitivo al dilettantismo per quei club che non possono mantenere standard economici, tecnici e strutturali degni del professionismo.
Rilancio dei giovani tramite strutture di proprietà da parte dei club di Lega Pro, in modo da valorizzare il capitale tecnico già presente nei propri vivai.
Abolizione dei club U23. Obbligo in fase di registrazione della rosa dell’inserimento di un sempre maggior numero di giocatori cresciuti nel vivaio di una squadra italiana, con relativi incentivi economici per i club.

Dopodiché, si può iniziare a ragionare sui problemi strutturali delle squadre di Serie A, dei problemi tecnici e tattici, della convocabilità o meno di Immobile in Nazionale.

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