No, non è un film sul calcio, ma un film con il calcio. Doppio Passo, che segna l’esordio alla regia di Lorenzo Borghini, funziona senza stancare. E lo fa provando ad abbattere un problema (quasi storico) che il nostro Paese ha con una certa filmografia sportivo-calcistica: il dramma umano che prende spunto dalla fine di una carriera, l’ossessione di un futuro che non si riesce a scorgere. Trame di vita che uno sportivo come il capitano Claudio Russo (Giulio Beranek) non ha mai vissuto prima di appendere le scarpe al chiodo. In un’industria audiovisiva, quella italiana, che spesso guarda l’espediente narrativo sportivo e calcistico con reticenza (ci sono pochi casi validi), Borghini mette in campo una spiegazione della crescita umana attraverso un mondo sì, talvolta retorico, ma dal quale ne esce un dipinto reale e amaro
Doppio passo: lo storico capitano Claudio
Proprio quello che serve a Doppio Passo per raccontare di un’esistenza che si sgretola, in cui il rettangolo di gioco nemmeno si vede, gli allenamenti sembrano non esistere, ma in cui il sottotesto archetipico regge comunque per tutta la durata della pellicola. Un dramma che è insieme familiare e sociale, e che ricorda il primo Paolo Sorrentino de L’uomo in più (che rimandava alla tragica storia di Agostino Di Bartolomei) al quale lo stesso regista è particolarmente legato: «Beh, per me è uno dei suoi più grandi film, nonostante fosse la sua opera prima. Il suo personaggio, Antonio Pisapia, presenta dei tratti diversi dal mio. Ma mi è comunque servito molto». Per la reference sociale invece, Borghini si è affidato al cinema di un altro grande regista Ken Loach: «A livello di scrittura ho sempre tenuto presente i suoi lavori. Se devo fare un titolo? My Name is Joe tra tutti: è molto vicino alla trama sociale che volevo raccontare».
Così conosciamo Claudio, storico capitano della Carrarese, il punto di riferimento sia per la sua squadra che per la sua famiglia. Un faro che guida la squadra fino alla B. Ma quando tutto sembra essere perfetto e incorruttibile, Claudio decide insieme alla moglie di aprire un ristorante, per guardare ad un futuro diverso: imprenditoriale e rassicurante, concreto e diverso. A prestar soldi per aprirlo sarà Sandro (notevole l’interpretazione di Giordano De Plano). Però accade qualcosa: la tanto sperata e ottenuta Serie B si rivela una condanna, visto che la società decide ex abrupto di non rinnovare il contratto a Claudio, perché non più utile ai progetti societari.
Il declino
Sarà l’inizio di una caduta totale: come calciatore, come uomo, come marito. Non solo, perché sarà anche la sperimentazione di un dolore che mina ogni certezza e mette alla prova la propria dignità. Trattative, contratti, denaro e prestiti: capitalismo. Artifici fondamentali nell’ossatura tecnica e regista di Borghini che con Doppio Passo utilizza di fatto l’arena del mondo del calcio per giungere a una maturità – nonostante l’esordio – esistenziale, in cui la vita impone di cambiare. Scegliere un’altra strada, saltare l’ostacolo, scegliere un altro mestiere. Si può davvero? E fino a che punto si può sbagliare il rigore del secondo atto della propria vita?
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