Da quando è scoppiata l’emergenza coronavirus, le richieste d’aiuto delle donne ai centri antiviolenza, rispetto allo scorso anno, sono aumentate di circa il 75%. Quasi 3.000 i casi segnalati in questo periodo, ma si stima che gli episodi di violenza domestica sono molto di più di quelli denunciati. Si può chiedere aiuto chiamando gratuitamente il numero 1522, ma il timore è che la convivenza forzata scoraggi le donne a telefonare.
Abbiamo raccolto la testimonianza della palermitana Serena Saitta, Social Media Marketing, che da oltre 7 anni è testimonial contro il femminicidio:
“Per le donne che subiscono violenza, questo è il periodo più brutto perché sono obbligate a condividere tanto tempo con il loro carnefice. Prima il congiunto violento usciva di casa e c’era dunque un momento di tregua. adesso l’aumento di episodi di violenza domestica è fisiologico. Il fenomeno è sempre esistito ed è trasversale in tutti i ceti sociali. Esiste una rete antiviolenza, ma il vero problema è che le donne non denunciano, perché probabilmente non si sentono abbastanza tutelate dallo Stato.”
Quando hai iniziato ad interessarti di questo triste fenomeno?
“Molte donne si interessano a questa tematica perché hanno subito una violenza. Nel mio caso invece tutto è nato dopo una tremenda storia di cronaca nera accaduta vicino casa mia. Una ragazza di 22 anni è stata uccisa dall’ex fidanzato che dopo averle sparato, ha ferito anche una amica, sopravvissuta, ed al loro bambino che all’epoca aveva 3 anni, rimasto poi orfano e disabile. La ragazza non aveva mai denunciato il compagno perché non credeva fosse capace un gesto simile e per togliere il padre al bambino. Sono rimasta profondamente turbata. Attraverso i social ho cominciato a spingere le donne a non avere paura ed a denunciare le violenze subite. Grazie al lavoro che faccio conosco molte persone dello spettacolo e dello sport. Li ho invitati così ad inviarmi una loro foto con un cartello “Stop al femminicidio” ed ho cominciato a postarle in rete. Da qui è iniziato il mio percorso di testimonial, organizzando eventi, assolutamente in maniera gratuita, con le varie associazioni che si occupano di questa tematica. Lo scorso anno, insieme al Mosap di Roma (Movimento sindacale Autonomo di Polizia), abbiamo organizzato un triangolare di calcio per ricordare Pamela Mastropietro, la giovanissima ragazza barbaramente assassinata a Macerata.”
Quali segnali non si devono assolutamente sottovalutare?
“Spesso quando una donna è innamorata non vede gli eccessi o fa finta di non vederli. Noi donne purtroppo pensiamo di potere cambiare un uomo. In realtà le persone non si possono cambiare. Si cambia solo se si decide di farlo. Non ci sono solo segnali riconducibili alla violenza fisica, ci sono anche quelli verbali e psicologici. Umiliare una madre davanti ai figli o screditare la compagna davanti agli altri, ad esempio, sono campanelli d’allarme. Il primo schiaffo o la prima spinta, poi, sono più che un segnale. Gli eventi che organizziamo hanno lo scopo di convincere le donne ad avere più coraggio.”
Qual è l’elemento scatenante della violenza sulle donne?
“Con il Mosap abbiamo organizzato eventi anche per i detenuti, entrare in carcere mi ha dato la possibilità di capire cosa passa per la mente di un uomo violento. Intanto ho imparato a non giudicare più nessuno, ma credo fortemente che chi è violento non è una persona malata. Molto dipende dal contesto familiare dove si è cresciuti. Ho capito che chi fa violenza o l’ha subita da piccolo o l’ha vissuta sin dall’infanzia come un evento normale all’interno della propria famiglia. Magari si è cresciuti vedendo il padre picchiare la madre. Per questi uomini diventa quindi giusto e naturale fare altrettanto e cercare di sottomettere la donna.”
Oltre questo importante impegno, di cosa ti occupi?
“Da circa un anno lavoro per un componente della famiglia reale del Bahrain. Attualmente continuo a gestire solo la pagina Instagram del Principe perché tutti gli eventi in Italia sono stati annullati a causa del coronavirus. Organizzo serate ed eventi, quasi tutti a scopo benefico. Adesso però è tutto fermo e quello su cui contavo è crollato. Inizialmente ho vissuto molto male questa quarantena, ho avuto paura del mio futuro. Proprio per non pensare e non deprimermi, mi sono inventata con alcuni amici una diretta facebook con vip della politica, dello sport e dello spettacolo. L’obiettivo è quello di portare un po’ di leggerezza in questo periodo molto drammatico, per cui si fanni domande divertenti e molto sui generis. L’ho fatto soprattutto per me, avevo bisogno di ridere e scrollarmi di dosso brutti pensieri. Continueremo fino al 4 maggio, poi non so cosa faremo.”
Quando hai lasciato Palermo?
“Avevo circa 5 anni, prima di partire abitavamo a Boccadifalco. Ora vivo a Perugia con mia madre e la nonna, che amo follemente, e che questo mese ha compiuto 90 anni. Questa quarantena ha stravolto la mia vita lavorativa. In compenso però mi ha fatto riscoprire i veri valori della vita, che spesso diamo per scontati. Palermo mi è rimasta nel cuore, è la città che mi ha visto nascere ed giù ho ancora molti parenti ed amici. Adesso è da un po’ di tempo che non torno, ma conto di ritornare appena sarà possibile. Ho propria la necessità di respirare l’aria palermitana. Il problema è che ogni volta che scendo ingrasso almeno 20 kg, perché sono sempre in tour dai parenti che mi obbligano a mangiare. Quando mi viene la nostalgia vado a santa Maria degli Angeli, ad Assisi, dove c’è una pasticceria che fa il pane palermitano, a Perugia lo fanno senza sale. Ritrovo così un po’ della mia Palermo mangiando il buonissimo pane palermitano e le arancine.”
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