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Direttore Mercure Hotel: “Quando i bergamaschi sono andati è stata una festa piena di sincera commozione”

In questi mesi Palermo e i palermitani hanno dimostrato cosa significhi avere un cuore grande, mettendo spesso al primo posto il bene degli altri oltre che il proprio quando ci fosse il bisogno di dirlo.

Abbiamo fatto una chiacchierata con chi ci ha messo davvero tutto lo spirito di solidarietà e di fratellanza possibile, il direttore del Mercure Hotel Andrea Stancato. L’hotel ha ospitato  la comitiva di 28 bergamaschi di cui alcuni positivi al covid-19, sono stati giorni difficili ma affrontati con molto ottimismo e spirito di squadra dallo staff del Mercure, anche se non sono mancate le grane da affrontare.

Andrea, cosa è successo visto che si è trattata di un’emergenza improvvisa?

Il giorno in cui abbiamo saputo della positività dei tamponi è stato paradossale. Alle 14,00  abbiamo ricevuto la comunicazione dal personale sanitario che potevamo stare tranquilli e che probabilmente tutti i membri della comitiva stavano bene. 

Erano i primi giorni in cui si parlava di coronavirus, una situazione quasi sconosciuta e di cui si conoscevano pochi dettagli. C’era quindi poca consapevolezza.

Io sono andato via intorno alle 19, e alle 23,00  circa ho saputo che c’erano i risultati dei tamponi di cui alcuni positivi. Ho pensato subito di andare in hotel, il tragitto da casa mi ha aiutato a pensare e mantenere la lucidità.”

Qual è stata l’organizzazione del tuo staff e come vi siete comportati?

Inizialmente è stata davvero dura, si sapeva poco del virus e c’erano molte incertezze anche sui tamponi. La paura era legata oltre che a se stessi anche alle nostre famiglie, specialmente a chi ha figli come me.

Molta preoccupazione c’è stata quando sono arrivati i sanitari vestiti come degli astronauti per eseguire i tamponi, lì capisci che c’è qualcosa che non va. Il marito della prima signora che è stata esaminata piangeva, io sono rimasto a distanza seguendo le direttive dei medici.

Io e i ragazzi dello staff siamo stati di fronte a due scelte, la prima di andare a casa per fare l’isolamento lì. La seconda quella di rimanere, io sono rimasto e ho ricevuto l’appoggio di chi si trovava già in hotel, compresa una collega che ha un figlio con il quale ho anche parlato per capire se se la sentisse.

Durante i giorni abbiamo mantenuto lo spirito di unione e di ottimismo con cui approcciamo ogni situazione, abbiamo fatto da dottori grazie alle direttive dei sanitari, da ristoratori, da albergatori e anche da confidenti in quanto si è creato un legame umano e sincero.

Ci parli del legame che si è creato con i vostri ospiti e di quello che accadeva all’esterno dell’hotel?

E’ qualcosa che è venuta dal cuore, in modo spontaneo. Quando salivo e scendevo le scale di servizio non potevo vedere tutti, ma con quelli che vedevo si scherzava e qualcuno addirittura lasciava qualche bigliettino con scritto “grazie, siete i nostri angeli” . Da lì è nata l’idea della vetrina delle lettere che ha aumentato lo spirito di unione anche con l’esterno, da dove arrivava la spesa e gli aiuti necessari.

A proposito dell’esterno ci sono state anche delle situazioni parecchio fastidiose, alcuni giornalisti hanno provato a fare delle riprese sbirciando dalle tende esterne. In una situazione dove siamo tutti sulla stessa barca può dar fastidio, ma abbiamo pensato ad andare avanti.”

Quando avete ricevuto il via per uscire? E come vi siete salutati?

“Nel giorno del via libera la dottoressa dell’ASP ha portato a tutti i certificati di fine quarantena. Siamo potuti andare via eccetto due persone della comitiva perché erano due asintomatici.
Quando poi  siamo usciti gli unici a rimanere all’interno sono stati i membri della squadra che per intero ha sanificato la struttura. 

Il saluto con i nostri ospiti è stata una festa, non nascondo che è scappato qualche abbraccio. E’ stato toccante ed emozionante, molti mi hanno detto che non vedono l’ora di tornare nella nostra terra meravigliosa di cui secondo me non si può non innamorarsi. 

A volte i clienti mi chiedono se possono uscire con l’orologio,  è assurdo. La denigrazione ce la siamo costruita da soli nel corso del tempo ma è una cosa che va combattuta e debellata: io sono di Roma e ho un figlio nato a Palermo. Quando ho deciso di venire qui mia madre mi ha chiesto cosa venissi a fare, ora sono terrone al 100%,  è impossibile non amare questa terra.”