Sono passati tre mesi, da quella notte tra il 21 ed il 22 febbraio nella quale un 38enne di Codogno venne ricoverato in terapia intensiva per una polmonite interstiziale bilaterale. Si trattava del “Paziente 1”, del primo italiano ufficialmente malato di Coronavirus. La diagnosi confermò che il virus era arrivato in Italia e che fa lì a poco avrebbe cambiato le abitudini e gli stili di vita di un intero Paese.
Mattia Maestri, in un’intervista rilasciata a Sportweek, ha ripercorso le due settimane in terapia intensiva, la nascita della figlia Giulia, poco dopo le sue dimissioni, e la morte del padre, anche lui contagiato dal virus, e svela la sua voglia di tornare alla sua passione:
“Questi due mesi sono stati sconvolgenti, molto più che inimmaginabili – ha raccontato – Ho perso conoscenza a Codogno, pensando di avere una semplice polmonite e mi sono svegliato dopo 20 giorni a Pavia sopravvissuto a Covid-19. Voglio ringraziare i miei compagni del Gruppo Podistico Codogno ’82, perché nel periodo del mio ricovero hanno sostenuto la mia famiglia. Si sono anche iscritti ai social per difendermi. Si è parlato di una mia cena con un cinese, il mio rifiuto al ricovero e due maratone corse in una settimana. Tutto falso! L’etichetta “Paziente 1” non mi è mai pesata, anzi ci ho subito scherzato io per primo. Invece mi è pesata la popolarità che ne è conseguita, devo continuamente respingere le richieste di interviste o di ospitate televisive.”
Mattia è uno sportivo, maratoneta e giocatore di calcio, ma anche un volontario alla Croce Rossa e ricercatore di una multinazionale. Si era presentato una prima volta all’ospedale di Codogno nel pomeriggio del 18 febbraio, senza avere i sintomi che avrebbero potuto portare a identificarlo come caso “sospetto”. Aveva rifiutato il ricovero ed era tornato a casa, ma poche ore dopo la situazione era precipitata. Ricoverato nel reparto di terapia intensiva, le sue condizioni erano peggiorate pericolosamente. La moglie aveva informato i medici di una cena di fine gennaio tra il marito e alcuni amici, tra cui uno appena rientrato dalla Cina. Effettuato il tampone, si scopriva così il primo caso di Coronavirus in Lombardia ed in Italia. Oltre a Mattia rimasero contagiati la moglie incinta, la madre ed il padre, poi deceduto.
“Ero anonimo – ha spiegato – la pandemia mi ha trasformato in un simbolo d’Europa. Sono arrivato ad un passo dalla morte e sono risorto. Appena sedato a Codogno sono entrato in un limbo. Ero incosciente, a tratti sognavo ma non ricordo più cosa. Non soffrivo, però avevo la netta percezione che quella pace fosse l’anticamera della morte. Poi la vita è stata più forte. Ho imparato a resistere ed a credere nella differenza tra fiducia e utopia, a considerare essenziale ogni istante di normalità. Mia figlia è la nostra speranza“
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